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LINDERA SPOSE – COCCOLE PER LA MIA SPOSA

Annalisa Ferrari ha voluto che il suo lavoro rispecchiasse le sue passioni. Ha voluto che nel suo atelier di abiti si respirasse la cura e l’attenzione che mette verso la sposa. Ha voluto dunque che Lindera Spose vivesse della sua energia. E la sua ricetta le ha dato ragione.

Cosa significa Lindera? «Nonostante abbia poi scoperto che è anche una pianta officinale, Lindera è la crasi fra i nomi Linda e Piera, le mie nonne, dalla quali ho ereditato la passione per questo lavoro».
A parlare è Annalisa Ferrari, titolare di Lindera Spose di Fidenza, che ci racconta con orgoglio la storia della propria famiglia: «Quasi tutti i miei parenti più stretti sono stati commercianti, così fin da piccola mi sono trovata per gioco nei vari negozi o mercati a servire al banco, a dare il resto e a familiarizzare col mestiere! Nonna Linda, in particolare, era sarta per cui ai miei geni commerciali si sono uniti quelli creativi di stilista. Dopo aver lavorato come commessa e poi come gerente in vari esercizi, ho deciso di vivere il mio lavoro in un modo più diretto, che rispecchiasse più profondamente le mie passioni e che potesse originare qualcosa di più “mio”. Ho deciso così di fare un corso da modista e uno da stilista, per prendere dimestichezza con il mestiere. Infine, la mia predilezione per l’abbigliamento da sposa ha fatto si che, carica di esperienza e formazione, mi sono finalmente trovata ad aprire la mia attività, motivata e preparata».
Nel maggio del 2008 quindi Annalisa inaugura Lindera Spose. Quali sono le peculiarità di questo mestiere? «Sicuramente la prima fra tutte è il rapporto con le clienti. E’ un acquisto di una volta sola -si spera non debbano ritornare in futuro se non come accompagnatrici!- ma si instaura una confidenza, un’intimità che difficilmente riesci a creare vendendo altri prodotti. Le ragazze arrivano cariche di entusiasmo, di sogni ed emozioni che trasudano mentre scelgono l’abito, fanno le prove e gli aggiustamenti sartoriali, e che culminano, per quel che mi riguarda, quando le vedo il giorno delle nozze indossare uno dei miei abiti. È un bellissimo mestiere questo, che ti permette di lavorare in tranquillità, col sorriso e con persone felici».
Come è la sposa oggi? «Dal momento che ci si sposa in età più adulta, la sposa oggi ha le idee più chiare, è più critica ed esigente ed è consapevole di come vuole essere. Io consiglio sempre di scegliere il proprio abito “di pancia”, lasciandosi guidare dall’emozione che questo ti suscita e da come ti senti indossandolo. Lo stesso splendido vestito può stare divinamente su una ragazza ed essere pessimo su un’altra. Così come una bellissima ragazza può diventare insignificante se non ha il vestito giusto. È anche per questo che non vendo mai due vestiti uguali: un po’ per garantire l’esclusiva e un po’ perché quando un abito ha trovato la sua sposa, non ne esiste nessun’altra!».
Che caratteristiche ha il tuo atelier? «E’ un ambiente che ho voluto intimo e riservato, in cui far sentire a suo agio la cliente: una piccola ed elegante vetrina, una sala per la scelta degli abiti ed una stanza dedicata alla prova dove ho allestito un piccolo salottino attiguo per chi accompagna la sposa, accanto si trova la sartoria. Un tono famigliare, che non ha volutamente gli accenti del grande atelier prestigioso, per dare tranquillità e dove si possono trovare delle “perle” di alta sartoria. I marchi che tratto sono tutti italiani, nella stoffa e nella produzione, per garantire qualità e un servizio sartoriale tempestivo e versatile».
Annalisa ha anche abiti da cerimonia che, specifica, «non sono solo quelli per la mamma o la testimone ma anche per la sposa che non vuole il vestito “tradizionale”. Più colorati, sul corto e con stoffe diverse, si addicono per esempio anche alle cerimonie in Comune». Qualche sposa con richieste particolari? «Devo dire che mi chiedono molto l’abito bordeaux, tanto che ho dovuto fare nuovi ordini. Di altre particolari… c’è stata una sposa che ha scelto il proprio abito consigliata da…. Il futuro suocero!. Davvero singolare!»

Articolo tratto da “Dossier Parma” marzo 09